Il silenzio mediatico che normalizza anche la morte

Sono quasi 6.600 le persone sbarcate sulle coste italiane nel mese di aprile 2025. Il dato mostra un aumento del 173% rispetto al mese precedente [fonte UNHCR]. Secondo i dati disponibili nel 2025 sono morte o disperse 414 persone, una stima, che sappiamo essere “per difetto”.

Eppure i media italiani (o meglio gli editori italiani) hanno dedicato e dedicano poca attenzione alla situazione, contribuendo a una “normalizzazione” dei naufragi e al suo carico di morti. Come l’hanno fatto? Attraverso il silenzio.

Accedendo a giornali e notiziari, si ha la netta sensazione che nulla sia accaduto. Gli sbarchi non aprono più i telegiornali, le morti in mare sono relegate a trafiletti nella cronaca locale: senza contesto, senza approfondimenti. Le tragedie del Mediterraneo si stanno trasformando in una routine mediatica silenziata. I naufragi sono notizie invisibili, nonostante continuino a causare decine di vittime. Le operazioni di recupero dei corpi durano pochissimi giorni, a volte si fermano dopo appena 48 ore. La presenza delle Istituzioni è scarsa, e quando c’è, è spesso priva di comunicazione pubblica e trasparente.

Il problema dell’identificazione delle vittime è ancora irrisolto: manca un registro unico nazionale, manca una rete strutturata per incrociare i dati dei dispersi con le segnalazioni delle famiglie. Le sepolture vengono affidate alle Prefetture locali, senza una strategia condivisa e senza una visione nazionale. Ogni Comune si arrangia come può, e le vittime rimangono numeri, mai nomi. Viene spontaneo chiedersi: se un'imbarcazione da diporto, uno yacht turistico con passeggeri europei e non a bordo, affondasse causando decine di vittime, avremmo la stessa scarsità di ricerche? La stessa disattenzione dei media? La stessa assenza istituzionale? Probabilmente no. E questa disparità di trattamento è una ferita etica profonda. Assistiamo sempre più a informazioni passano sotto silenzio, in un panorama mediatico sempre più complice di una rimozione collettiva. L’immigrazione, con il suo carico di vita, morte e speranza, non è un’emergenza, ma non è neanche un fenomeno da ignorare. Il dovere dell’informazione è rompere il silenzio, dare spazio, restituire umanità.

Perché ogni vita negata dal mare è una responsabilità di chi non ha voluto vedere. Il silenzio dei media su questi temi contribuisce a una percezione distorta della realtà, impedendo un dibattito pubblico informato e consapevole. È fondamentale che l'informazione torni a occuparsi con attenzione e responsabilità della questione migratoria, per garantire trasparenza e rispetto dei diritti umani.