Dialogo in un contesto immaginario ma fatto di frasi reali. Tutte le frasi (in grassetto) sono state scritte e dette da studenti di quarta e quinta superiore a conclusione della loro esperienza con il Comitato 3 Ottobre a Lampedusa nel 2017 e nel 2018.
In una delle tante scuole superiori italiane quattro ragazzi bisbigliano tra di loro. Discutono di immigrazione, degli “stranieri”, di integrazione e del loro Paese. Ma che dicono questi giovani di oggi?
Giovane di oggi: Ei, psss.
Altri giovani di oggi: Dici a noi?
Sì. Ne parliamo?
Ok, ma perché bisbigli?
Perché in tanti ne parlano, spesso alzando la voce, magari dopo aver ascoltato un solo minuto di servizio al telegiornale, e fanno una gran confusione; senza conoscere, senza aver visto.
Ma noi ci siamo stati.
Già. Ci siamo andati il 3 ottobre, a Lampedusa, “siamo partiti con la scuola per conoscere da vicino quanto sta accadendo nel nostro paese e nell’Europa intera”.
Perché l’Europa inizia a Lampedusa, e “nessuno stato europeo può fare finta che l’emergenza non esista, tutti noi dobbiamo prenderne consapevolezza e accogliere l’altro, come l’altro potrebbe accogliere noi nel momento del bisogno”.
Sì, “l’ho imparato proprio stando lì, ascoltando i racconti dei sopravvissuti. Un’esperienza che mi ha fatto capire più intensamente le emozioni e le varie difficoltà affrontate dai migranti durante il loro viaggio. E il mio punto di vista sull’argomento è cambiato, il mio interesse verso questo tema è aumentato; ho capito quanto sia difficile non sapere se arriveranno a destinazione, se i loro figli, parenti, amici siano ancora vivi. Non posso neanche immaginare il dolore che possano provare per la perdita di un loro parente o amico”. E poi “non mi aspettavo così l’isola e mi sono reso conto che la maggior parte sono solo stereotipi che indirizzano le persone verso una via errata”.
Anche io la penso come te, “da questo viaggio ho capito quanto il livello di disinformazione e stereotipi in Italia e nel mondo sia devastante. Inviterei chiunque a venire qui a toccare con mano e a vedere cosa è davvero questo fenomeno e cosa ha fatto Lampedusa per tutte queste persone”.
Hai ragione, ti ricordi quando siamo arrivati a Lampedusa? “Era sera, ci ha accolti una sfera rosso fuoco che accendeva cielo e mare, in un vortice di colori, sfumature e sensazioni; la terra selvaggia, i fichi d’india, gli ulivi, le strade non battute, il sorriso della gente e l’acqua cristallina. In quell’acqua ci siamo tuffati e ne abbiamo apprezzato la limpidezza, quasi sentendoci in un acquario! Ma in quella stessa acqua migliaia di uomini hanno perso la vita negli ultimi anni”.
Infatti, e poi ti ricordi “l’incontro con i superstiti del naufragio del 3 ottobre 2013 che hanno risposto alle nostre domande e hanno dialogato con noi? ‘Perché rischiare la vita e andare verso l’ignoto?’, chiedevamo. E loro: ‘si fugge dall’orrore, dalla violenza, dalla fame, dalla guerra…’. Abbiamo condiviso sofferenze e ricordi dolorosi, ma anche sogni e speranze, avvertendo in noi il fuoco dell’indignazione e della necessità di costruire un mondo migliore in cui gli uomini sappiano prendersi per mano e camminare senza paura, consapevoli delle relazioni esistenti tra ogni essere umano”.






Un’altra giovane di oggi: Ei, vi posso interrompere?
Certo.
Anche io ci sono stato e ho capito che “se vogliamo cambiare il mondo dobbiamo cominciare da noi stessi. Ognuno di noi deve fare delle scelte e per molti la scelta giusta è stata il mare, l’unica speranza per una vita migliore; è meglio morire in cerca di una speranza che morire senza averci provato. Noi ci lamentiamo ogni giorno di problemi inesistenti, ma se apriamo la nostra mente e il nostro cuore vedremo che siamo molto fortunati a vivere nei nostri rispettivi paesi. Perché non condividere questa fortuna? Perché non permettere a qualcun altro di vivere serenamente?”.
Già. “Penso che capire di essere fortunati ad avere un letto, una doccia, acqua e cibo sia la vittoria più grande. Considero Lampedusa l’isola della solidarietà, della pace e dei sogni, dove le persone trovano la speranza”.
E tu? Che ne pensi?
Io tornando a scuola ci ho riflettuto e “ho capito che questo è un problema serio e che la gente deve conoscere le storie di queste persone prima di giudicare”.
È proprio vero. “Io, infatti, prima di venire qui avevo ancora qualche traccia di stereotipo e pregiudizio malgrado il lavoro che abbiamo fatto in classe sul tema. Ora ho una visione più positiva (da un certo punto di vista) dei ragazzi e le ragazze che arrivano. Ho imparato molte cose nuove”.
Sì, anche io “inizialmente ero arrivata con dei dubbi e delle perplessità, ma poi l’esperienza fatta e i progetti affrontati, anche se in maniera riduttiva, hanno svegliato in me un senso di consapevolezza per ciò che riguarda il tema dell’immigrazione”.
Questo perché “Lampedusa se non la vivi non la comprendi. Lampedusa è accoglienza, integrazione, confronto multiculturale”.
Io, infatti dopo questa esperienza “ora mi sento di dover raccontare il mio viaggio agli altri ragazzi che sono rimasti a casa, perché le cose da capire sono molte e non sempre la verità è come viene presentata”.
In fondo, “l’indifferenza è una scelta, scegliete l’amore”.
E allora non bisbigliamo, “bisogna alzare la voce con le persone che hanno occhi che non riescono a vedere fino in fondo”. Parliamone.